Rezension über:

Gabriella Ottone (a cura di): Teopompo di Chio. Filippiche (Fozio, Biblioteca, cod. 176), con testo critico e introduzione a cura di Antonio Luis Chávez Reino, Tivoli (Roma): Edizioni Tored 2018, XXVI + 714 S., ISBN 978-88-99846-25-1, EUR 150,00
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Rezension von:
Giuseppe Squillace
Dipartimento di Studi Umanistici, Università della Calabria, Rende
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Giuseppe Squillace: Rezension von: Gabriella Ottone (a cura di): Teopompo di Chio. Filippiche (Fozio, Biblioteca, cod. 176), con testo critico e introduzione a cura di Antonio Luis Chávez Reino, Tivoli (Roma): Edizioni Tored 2018, in: sehepunkte 19 (2019), Nr. 1 [15.01.2019], URL: https://www.sehepunkte.de
/2019/01/32675.html


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Gabriella Ottone (a cura di): Teopompo di Chio

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Dopo anni di lavori preparatori, Gabriella Ottone, una delle massime esperte di Teopompo di Chio, dà alle stampe un volume molto atteso. Lo fa mettendo sapientemente in campo le competenze di un filologo raffinato come Antonio Luis Chávez Reino, e le proprie competenze di storica.

Chávez Reino le fornisce la base per la costruzione di tutto il lavoro interpretativo, presentando un testo di Fozio in molti punti nuovo rispetto alle altre edizioni e dotandolo di un apparato critico essenziale, per molti versi nuovo ed estremamente chiaro (1-71). È sul testo di Chávez Reino che Gabriella Ottone costruisce il suo studio (73-714) aperto dalla traduzione del Codex 176 della Biblioteca di Fozio dedicato dal Patriarca di Costantinopoli a Teopompo (73-82), composto da sette capitoli (109-721) preceduti da una nota preliminare (Teopompo nella Biblioteca di Fozio, 83-108) e chiusi da una ricca e aggiornatissima bibliografia (623-693) e dall'indice delle fonti (695-714).

I sette capitoli si presentano per espressa indicazione dell'Autrice come un commento a Fozio, Biblioteca Codex 176. In realtà sono molto più che un commento. Suddividendo in parti il contenuto del Codex 176, l'Autrice prende in esame le notizie riportate in ciascuna di essa e ne fornisce un'adeguata ed esaustiva spiegazione in chiave linguistica e storica enucleando i diversi problemi; presentando lo status quaestionis; fornendo in molti casi nuove proposte interpretative alla luce di una bibliografia imponente. Ne viene fuori un'immagine di Teopompo per molti versi nuova liberata da luoghi comuni e da interpretazioni nate nel corso dei decenni dalla problematica natura frammentaria dell'opera dello storico di Chio.

Il Codex 176, impiegato ampiamente sia da Jacoby per la definizione di Testimonia e Fragmenta del Chiota (FGrHist 115), sia da Morrison nella Brill's New Jacoby (Theopompos of Chios, 115, 2014, online), riacquista tutta la sua forza informativa se presentato, come fa Ottone, nella sua interezza accompagnato da un commento che tiene in considerazione il dato strettamente linguistico; provvede all'esegesi dei termini impiegati; incastra le singole notizie in un contesto più ampio che aiuta a intendere genesi, utilizzo, trasmissione e sovrapposizione dei dati nel corso del tempo fino all'epoca di Fozio (IX secolo d.C.).

Non è pensabile riassumere in poche righe un lavoro così ampio ricco di temi e spunti di riflessione. In questa sede mi limiterò dunque a riportare le linee principali della ricerca soffermandomi su alcuni punti.

Il Codex 176, che condensa filoni di tradizione nati in un arco temporale vastissimo (IV secolo a.C.-IX secolo d.C.), mette di fronte l'A. a temi disparati e in molti casi spinosi: dalla parabola biografica di Teopompo che Fozio semplificava in poche righe, ai rapporti con la patria Chio; dal contenuto e dall'impostazione delle opere storiografiche, al carattere, pare, piuttosto arcigno e sgradevole dello storico; dalla sua fuga in Egitto negli anni seguenti alla morte di Alessandro, al rapporto con Isocrate e la sua scuola.

Il lavoro si fa apprezzare per la completezza dei dati e per le scelte dell'Autrice improntate a estrema prudenza. Per chiarire le lettere ai Chii di cui parla Fozio Gabriella Ottone si serve, ad esempio, di testi epigrafici che ritiene opportuno riportare in appendice al Capitolo III così come pubblicati e integrati dai diversi editori (342-347). In merito all'anno di nascita di Teopompo, poi, dopo aver proposto le diverse e spesso discordanti interpretazioni, l'Autrice esprime una 'posizione agnostica' (275): di fronte a ipotesi spesso fragili e talora fantasiose costruite su dati scarsi e incerti, ritiene infatti opportuno non dire piuttosto che dire, formulando ipotesi altrettanto fragili.

È tuttavia l'analisi stringente del testo foziano il punto di forza volume. Mettendo a frutto l'esperienza nel campo maturata prima nella stesura dei Libyka (G. Ottone, a cura di, Libyka. Testimonianze e Frammenti, Tivoli 2002) poi in numerosi altri studi sul tema, l'Autrice affronta in maniera diretta lo spinosissimo e sempre attuale problema degli storici in frammenti e congiuntamente del rapporto indissolubile tra testo e contesto. Pur rimanendo basilare la raccolta di Jacoby, che ebbe il merito di costruire un'imponente opera della quale tutti gli studiosi dell'antichità continuano opportunamente a servirsi, tuttavia, come molti convegni sul tema hanno chiarito, il modo di procedere dello storico tedesco che selezionava le sole citazioni decontestualizzandone per quello che l'Autrice chiama 'découpage' (232; 570; 592-593), porta inevitabilmente a una perdita di informazioni e talora a un travisamento completo della notizia. Nello specifico, in merito a Teopompo, è significativo - tra i tanti esempi riportati dall'Autrice - un passo di Strabone (Strab. I 2.35 = Theop. FGrHist 115, F 381 in Capitolo IV, Appendice, 433-444) da sempre interpretato dagli studiosi come prova evidente della presunzione di Teopompo pronto ritenersi superiore a storici del passato e a scrittori di Indika nell'uso dei miti. Tale lettura - dimostra l'Autrice - proviene da una selezione del testo operata da Jacoby per il F 381 che fa perdere di vista il contesto nel quale essa ricorre. Solo rileggendo l'intero passo di Strabone appare chiaro come la dichiarazione non provenga da Teopompo ma sia un'annotazione del geografo.

Sulla base di quanto sommariamente detto, lo studio di Gabriella Ottone fa chiarezza su alcuni aspetti della vita, della formazione e dell'opera storiografica di Teopompo di Chio, e dimostra come sia pericoloso nella pubblicazione di storici in frammenti procedere a una selezione troppo drastica della fonte tralatrice, che porta ad alterare le informazioni. Solo l'esatta comprensione dell'autore e del contesto nel quale inserisce il 'Frammento' e lo riutilizza portano a una più corretta comprensione di personalità di rilievo come Teopompo penalizzate - come tante del resto - dalla perdita di gran parte della loro produzione storiografica, e accompagnate da una messe di notizie - spesso false - provenienti da filoni di tradizione non sempre districabili.

Giuseppe Squillace