Rezension über:

Alberto Cafaro: Governare l'impero. La praefectura fabrum fra legami personali e azione politica (II sec. a.C. - III sec. d.C.) (= Historia; Bd. 262), Stuttgart: Franz Steiner Verlag 2020, 613 S., ISBN 978-3-515-12522-2, EUR 92,00
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Rezension von:
Davide Ambrogio Faoro
Dipartimento di Lettere e Filosofia, Università degli Studi, Firenze
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Davide Ambrogio Faoro: Rezension von: Alberto Cafaro: Governare l'impero. La praefectura fabrum fra legami personali e azione politica (II sec. a.C. - III sec. d.C.), Stuttgart: Franz Steiner Verlag 2020, in: sehepunkte 22 (2022), Nr. 2 [15.02.2022], URL: https://www.sehepunkte.de
/2022/02/34356.html


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Alberto Cafaro: Governare l'impero

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Il volume consta della rielaborazione di una tesi di dottorato discussa dall'a. presso il Dipartimento di civiltà e forme del sapere dell'Università di Pisa nel 2017. Nei contenuti, il libro risulta diviso in due sezioni pressoché equivalenti. Una prima (pp. 13-264), data all'analisi storica, è costituita da un capitolo dedicato alle fonti e alla storia degli studi sui praefecti fabrum (da qui in poi p.f.) (Parte I, pp. 15-26), da un capitolo sui p.f. d'epoca repubblicana (Parte II, pp. 31-159), da un capitolo sui p.f. d'età imperiale sino ai Severi compresi (Parte III, pp. 165-254) e infine da un breve paragrafo che raccoglie le conclusioni complessive (pp. 254-263). La seconda metà del volume (pp. 264-531) è invece interamente occupata da un lungo catalogo prosopografico dei p.f. d'età imperiale, elaborato su 373 figure note, trattate secondo la dinastia (o presunta tale) di afferenza, e 59 anonime, con fonti, bibliografia e commento di ciascuna.

Di fatto, però, essendo la Parte II offerta per lo più ad una sequenza di profili dedicati a 15 tra i più celebri p.f. d'epoca repubblicana (pp. 80-164), la maggior parte del volume risulta riservata all'analisi prosopografica, il che non necessariamente costituirebbe un problema, laddove debitamente segnalato. A questo proposito un'osservazione, che da principio si impone, riguarda il titolo, Governare l'impero, che appare francamente inadeguato al tema trattato, sia perché p.f. non ebbero statutariamente affidate delle mansioni di governo, sia perché l'orizzonte temporale dell'opera non è limitato all'epoca imperiale. L'indagine proposta, ciononostante, si rivela di buon livello sin dalla Parte I, una disanima delle fonti e degli studi in materia, che anticipa un'appendice intesa a riabilitare la discussa opera di Vegezio sulla p.f. Pure nella Parte II, dedicata all'epoca repubblicana, età d'oro dei p.f., l'analisi si presenta adeguata, ad iniziare dall'emblematica vicenda di T. Turpilius Silanus, p.f. di Q. Caecilius Metellus (cos. 109 a.C.). La fides verso il magistrato delegante, d'altra parte, così come la funzione d'integrazione (clientelare) nei confronti dei ceti emergenti italici nei decenni successivi alla guerra sociale o ancora la varietà di deleghe concesse, concernono tratti della p.f. ben messi in luce dall'a., il quale li canalizza in una definizione complessivamente politica della carica («strumento chiaramente politico» p. 78.).

Conclusione condivisibile, quantomeno nella misura in cui lo è per altri attori nella disponibilità degli imperatores dell'epoca, sebbene la supposta, quanto rimarcata suddivisione tra attività istituzionali e attività politiche, che avrebbe caratterizzato il mandato dei p.f. dell'epoca, si riveli in ultima analisi piuttosto forzata. In tal senso, tra i profili dei 15 p.f. elaborati, se alcuni spiccano per accuratezza e spunti d'originalità, come L. Cornelius L.f. (n. 1) e P. Volumnius Eutrapelus (n. 13), altri paiono meno convincenti, come C. Cornelius Gallus (n. 15), secondo l'a. «un prefetto nuovo» (p. 159), ma nel cui profilo la mancanza di un adeguato apparato critico e bibliografico sulla genesi della provincia d'Egitto determina un limite all'analisi del personaggio nella fase apicale della sua carriera.

La Parte III è data all'epoca imperiale e specificatamente all'età che va da Augusto a Nerone (pp. 165-213), all'epoca flavia (pp. 213-230), al II sec. d.C. (pp. 231-247) e ai Severi (pp. 248-253). In questi capitoli, di ampio respiro, l'inquadramento storico-politico del nuovo regime, le sue trasformazioni tra il I e l'inizio del III sec. d.C., così come l'evolversi della realtà cittadina, italica e provinciale, sono tutti elementi che l'a. tratta di concerto con la progressiva trasformazione della carica nel corso del I sec. d.C. e con la sua rarefazione a partire dalla seconda metà del secolo successivo. In particolare, viene posto l'accento sull'inevitabile ridimensionamento della p.f. in seno al Principato, ancorché, a detta dell'a., l'immutata possibilità da parte dei magistrati o dei senatori cum imperio di nominare p.f. avesse determinato la perpetuazione della prassi precedente e, tramite essa, dei legami di patronato intercorrenti tra i primi e i secondi, per i quali, peraltro, la p.f. rappresentava non di rado l'unica carica all'infuori dell'ambito cittadino; purtroppo, la cronica mancanza del nome del magistrato nelle iscrizioni rende difficoltoso dimostrare la portata di quest'aspetto e di conseguenza alcune conclusioni avanzate dall'a. Quanto all'opera di Claudio, l'a. dubita, a dispetto di parte della letteratura precedente (B. Dobson), che gli interventi di questo principe avessero modificato la natura dell'incarico, benché al contempo riconosca quanto la coeva sistemazione delle militiae equestri avesse condotto la p.f. fuori dalle carriere dei primipili e di lì dagli incarichi militari. Fa specie, in questo paragrafo, l'eccellente omissione tra i p.f. d'epoca claudia del prefetto d'Egitto Cn. Vergilius Capito (AE 2007, 1429), così come la mancata ricezione della rilettura della carriera dell'omologo Ti. Claudius Balbillus (ZPE 216, pp. 213 ss.), la quale, quantunque citata nel catalogo prosopografico (n. 53), non viene trattata né qui né altrove. Nei capitoli successivi, l'a. scova buoni motivi per sottolineare come le vicende della p.f. tra la fine del I sec. d.C. (una trentina d'attestazioni) e la fine del II sec. d.C. (un centinaio) vadano ben oltre la semplice sopravvivenza della carica, malgrado, almeno in alcuni casi, senz'altro limitata a semplice titolo onorifico. A questo proposito, nell'economia complessiva del capitolo, le due sole pagine (pp. 197-198) dedicate agli eventuali incarichi operativi attribuiti ai p.f. in epoca giulio-claudia, così come l'unica (p. 241) offerta all'argomento per i p.f. di II sec. d.C., appaiono a conti fatti poche, anche perché, al netto delle avvertenze fornite dall'a. in ordine alle scarse informazioni in nostro possesso, l'eventuale (progressiva?) sinecura assunta dalla p.f. con l'avvento del Principato, ovvero dall'epoca di Claudio, costituisce uno degli interrogativi di maggior interesse dell'intera faccenda. Quanto al vasto catalogo prosopografico che segue, esso configura una raccolta di grande valore, non solo per lo stato attuale della materia, ma anche per gli studi futuri.

L'unica perplessità riscontrata in queste pagine - a parte alcune imprecisioni e scioglimenti opinabili [1] - riguarda la scelta di riferire esclusivamente il toponimo e/o la nazione odierna di rinvenimento delle epigrafi anziché la civitas e/o la provincia antica, come d'uopo in questo genere di cataloghi; anche delle tavole riassuntive, che avessero raggruppato le testimonianze per regio e per provincia, sarebbero state utili. Lo stile di scrittura è buono, come la lingua e la sintassi, la cui linearità aiuta (e aiuterà) la lettura anche da parte di lettori non madrelingua. Quasi assenti i refusi, mentre l'utilizzo di una terminologia adeguata contraddistingue l'intero volume, tranne forse per l'uso disinvolto del termine ordine in relazione agli equites d'età repubblicana o per l'anacronistica definizione di imperium proconsolare per la medesima epoca. In conclusione, al di là dei luoghi segnalati, tali da non inficiare la bontà complessiva della trattazione, il volume può ritenersi un valido contributo agli studi, meritevole di apprezzamento per la capacità dimostrata dall'a. di coniugare fonti e ambiti differenti nella descrizione di una carica sfuggevole quale la p.f. Il giudizio complessivo è dunque positivo.


Nota:

[1] Ad esempio le fonti citate al n. 79 sono in realtà proprie del n. 174, mentre il n. 361 è certamente praef(ectus) fabr(um) Aug(ustalis) e non Aug(usti).

Davide Ambrogio Faoro