Rezension über:

Pierantonio Piatti / Massimiliano Vidili (eds.): Per Sardiniae insulam constituti. Gli ordini religiosi nel Medioevo sardo (= Vita regularis. Ordnungen und Deutungen religiosen Lebens im Mittelalter. Abhandlungen; Bd. 62), Münster / Hamburg / Berlin / London: LIT 2014, XX + 472 S., ISBN 978-3-643-12838-6, EUR 74,90
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Rezension von:
Massimo Rassu
Cagliari
Redaktionelle Betreuung:
Ralf Lützelschwab
Empfohlene Zitierweise:
Massimo Rassu: Rezension von: Pierantonio Piatti / Massimiliano Vidili (eds.): Per Sardiniae insulam constituti. Gli ordini religiosi nel Medioevo sardo, Münster / Hamburg / Berlin / London: LIT 2014, in: sehepunkte 16 (2016), Nr. 6 [15.06.2016], URL: https://www.sehepunkte.de
/2016/06/28568.html


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Pierantonio Piatti / Massimiliano Vidili (eds.): Per Sardiniae insulam constituti

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Il volume, pubblicato nella collana "Vita regularis. Ordnungen und Deutungen religiosen Lebens im Mittelalter" affidata alla cura editoriale di Gert Melville, ed edito dalla prestigiosa casa editrice LIT di Berlino, raccoglie gli atti del convegno "Gli Ordini religiosi in Sardegna nel Medioevo. Un problema aperto", svoltosi ad Oristano l'8 aprile 2011.

La miscellanea si apre con le interessanti riflessioni di Gert Melville, per sua stessa ammissione basate su un suo precedente lavoro, e che sintetizzano efficacemente - molto più delle conclusioni redatte da Anna Benvenuti - la sostanziale rarità di fondazioni monastiche nell'isola, peraltro legata a poche congregazioni religiose benedettine.

Il corroborante articolo di Raimondo Turtas sull'iniziale monachesimo maschile benedettino sino alla metà del XII secolo è principalmente una riproposizione delle informazioni già mirabilmente esposte da questo studioso nella sua "Storia della Chiesa in Sardegna", con integrazioni bibliografiche da studi successivi. Dei saggi di Turtas e di Rossana Martorelli va rimarcata, a differenza della maggior parte degli altri autori della raccolta, la correttezza nella trattazione e la stretta osservanza scientifica delle fonti storiche.

Il monachesimo femminile è esposto da Giovanni Strinna, che spazia in un ampio arco di tempo, dall'epoca di papa Gregorio IV sino alla fine del Basso Medioevo. Difatto, è solo una edizione riepilogativa di un suo precedente studio sul monastero di San Pietro di Silki, cui sono allegate svariate indicazioni pertinenti altre fondazioni di monache, dati a carattere didascalico già conosciuti da tempo e di pura provenienza bibliografica.

Schema seguito anche da Francesco Salvestrini, che esamina le vicende dell'arrivo dei benedettini di Vallombrosa nella Sardegna settentrionale, concentrandosi in particolare su un solo insediamento, il San Michele di Plaiano, e dedicando poche righe agli altri monasteri sardi dello stesso ordine. In sostanza, nessuna novità rispetto a quanto già di pubblico dominio, a parte l'aggiornamento della bibliografia edita.

Di particolare interesse, a differenza dei precedenti, si rivela lo scritto di Maria Teresa Laneri riguardo un monaco camaldolese di presunta origine sarda, vissuto tra la seconda metà del XIV secolo e la metà del successivo. Personaggio pressoché ignorato dalla storiografia sarda, a parte quella ottocentesca.

Luciano Cinelli riesuma alcune leggende eziologiche relative i monasteri domenicani di Pisa e Cagliari, pare legati a doppio filo: la prima fondazione pisana sarebbe stata istituita da un sardo e l'analogo primo insediamento in Sardegna sarebbe opera di un toscano, Niccolò Fortiguerra. A costui, infatti, la storiografia ottocentesca attribuiva la nascita del convento di Cagliari negli anni '50 del XIII secolo, ma Cinelli è costretto a riconoscere l'assenza di prove documentarie attendibili sulla fondazione isolana prima del 1310. Completa il pezzo con un catalogo commentato dei frati domenicani nominati vescovi o arcivescovi nelle diocesi sarde, ormai individuati e studiati dalla storiografia.

In un lungo e apparentemente ben documentato studio, Umberto Zucca con grande disinvoltura riesce a raddoppiare il numero dei conventi francescani e clariani sardi nel Trecento, in base ad una personale interpretazione della documentazione bibliografica non inedita, comprendente pure agiografi secenteschi di controversa reputazione e atti notarili su cui aleggia lo spettro del falso diplomatico. In assenza di documentazione archivistica inedita, l'autore sminuisce le stesse fonti dei Padri Minori, come la Serie Italica (a. 1400) e la Serie di Aracoeli (a. 1418), che numerano ancora solo cinque conventi maschili ed uno solo femminile.

Due soli gli studi sugli ordini militari: Stefano Defraia ricostruisce le vicissitudini del monastero della Vergine di Bonaria, nell'attuale capoluogo regionale, sottolineandone il tardivo insediamento (1402) rispetto alla donazione all'Ordine della Santa Maria della Mercede della chiesa (1335), d'impianto catalano e intitolata almeno sino al 1361 alla SS. Trinità. L'autore propone una cronologia da tempo ristabilita dagli storici, in contrasto con le fantasiose ricostruzioni degli agiografi di età rinascimentale.

Massimiliano Vidili s'inserisce nel lungo e lacerato dibattito sulla presenza dei Templari in Sardegna attingendo, in maniera molto scorretta, dalle ricerche di altri studiosi che menziona unicamente per evidenziarne i naturali errori in una materia così spinosa. Il suo contributo, giustificato con la compulsazione, non dei manoscritti originali, ma dei noti regesti ottocenteschi delle epistole pontificie, non produce nuove informazioni sull'argomento.

A margine sono gli interventi di Giampaolo Mele, Mauro G. Sanna e Gianfranco Zichi, trattando argomenti non strettamente attinenti la tematica generale, mentre l'insignificante apporto di Pierantonio Piatti tergiversa attorno al buon proposito di esaminare lo sviluppo della devozione in Sardegna verso alcuni santi, a suo dire introdotta o comunque legata agli ordini benedettini e mendicanti. In realtà, non arricchisce la conoscenza con nuovi dati, ma anzi fa appello affinché "future ricerche presso archivi sardi o dei paesi iberici possano consegnarci ulteriore documentazione" (377). L'articolo di Piatti si concretizza in pratica come un ulteriore e inutile compendio, oltre a quelli di Gert Melville e di Anna Benvenuti, di alcuni scritti della stessa raccolta, di cui Piatti è appunto uno dei curatori.

L'interessante esposizione di Giampaolo Mele sulla musicologia sacra legata agli ordini religiosi nella Sardegna bassomedievale, è di fatto una sintesi degli studi dell'autore sull'argomento, circostanza esplicitata dal ricorrente richiamo alle sue opere. I rapporti politici tra le entità religiose e civili medievali sarde e la Santa Sede sono esaminati da Mauro G. Sanna, che tuttavia indugia sui pontificati dei soli Gregorio VII, Innocenzo III, Bonifacio VIII e Giovanni XXII, con documentazione abbastanza nota. Analogamente, Giancarlo Zichi riepiloga le indicazioni sugli archivi ecclesiastici sardi, sulla base di censimenti e cataloghi già editi.

La complessivamente modesta portata scientifica della miscellanea è sintomaticamente provata anche dal silenzio sugli importanti insediamenti dei benedettini di San Vittore di Marsiglia, come pure sui benedettini dell'isola di Montecristo, dell'isola di San Venerio del Tino, di San Fruttuoso di Capodimonte, dell'isola della Gorgona, di San Felice di Vada, così come su altri ordini minori quali i Cluniacensi, i Lerinensi, i Certosini, o sugli ordini ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, di San Giacomo di Altopascio, di San Leonardo di Stagno, dell'Ospedale Nuovo della Misericordia, di Sant'Antonio di Vienne, tutte entità religiose ampiamente documentate in Sardegna. La maggior parte delle dissertazioni presenti nel volume sono contraddistinte dalla riesumazione in forma sintetica di opere a stampa già edite, con citazioni sovente auto-referenziali alle rispettive ricerche, e dall'altrettanto inadeguato o assente riferimento a fonti archivistiche inedite. L'intera operazione si rivela di scarsa utilità storica per lo studioso, essendo imperniata su documentazione in certi casi ampiamente risaputa.

Massimo Rassu