Daniela Santoro: Decoro della città, rifugio dei poveri. L'Ospedale Grande del Santo Spirito di Palermo (XV secolo) (= IRCVM- Medieval Cultures; 16), Roma: Viella 2024, 160 S., 11 Farb-Abb., ISBN 979-12-5469-686-6, EUR 26,00
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Gli studi sulle confraternite e gli ospedali nei contesti urbani dell'Italia medievale si sono concentrati quasi esclusivamente sulle città del Centro e del Nord della penisola, mentre per il Mezzogiorno, solo negli ultimi dieci anni, si sta provando a colmare questa grave lacuna storiografica con ricerche e pubblicazioni approfondite e interessanti, come questa qui recensita. Una delle principali cause di questo ennesimo divario tra Nord e Sud Italia è da ricercare nella diversa realtà conservativa della memoria scritta: mentre gli archivi delle città Centro-settentrionali conservano un'abbondante e ben conservata documentazione sulle opere pie di origine medievale, quelli del "Mezzogiorno" ne conservano poca, spesso dispersa e prevalentemente d'età moderna. Il caso di Palermo ne è un esempio. Qui la carenza di fonti non ha favorito una consolidata tradizione di studi sul sistema sanitario e assistenziale nel medioevo, tema appena abbozzato dalla storiografia locale.
Di fronte a questa situazione decisamente sconfortante, sia dal punto di vista archivistico sia bibliografico, va riconosciuto a Daniela Santoro un primo grande merito: attraverso una paziente indagine documentaria, è riuscita a ricostruire la rete ospedaliera della Palermo medievale pubblicando così la prima monografia sul tema. A questo merito se ne aggiunge almeno un altro: la capacità di confrontare, in modo efficace e opportuno, gli ospedali palermitani con quelli di altre città italiane ed europee (in particolare, Barcellona, Firenze, Milano, Napoli, Siena e Venezia).
In assenza di documenti dei secoli XI-XII, l'autrice riesce sapientemente a ricavare informazioni dalla letteratura erudita, da alcune evidenze architettoniche superstiti e da riscontri incrociati tra manoscritti e documenti editi di età normanna. Per quanto concerne il "Nuovo e Grande Ospedale" della città - istituzione al centro di questo volume - l'autrice ricorre a fonti inedite conservate in vari fondi archivistici della città: da quello della Real Cancelleria a quello del Protonotaro, dall'Archivio di Stato di Palermo a quello del Senato dell'Archivio Storico Comunale, ma soprattutto fa ampio uso della documentazione notarile, indispensabile per gli studi sulle confraternite e gli ospedali d'Ancien Régime. Si tratta, dunque, di una memoria scritta eterogenea, frammentaria e dispersa in vari fondi archivistici, segno del fatto che, almeno per l'età medievale, gli organismi cittadini che si occuparono di assistenza e sanità furono vari. Come evidenzia l'autrice, "non un archivio concentrato in un luogo unico, come in altre realtà cittadine, ma un archivio che potremmo definire diffuso, con carte di natura diversa, custodite in luoghi diversi".
Il volume è diviso in quattro capitoli, preceduti da una introduzione e seguiti da un epilogo e una breve appendice documentaria. Considerato l'ampio arco cronologico esaminato, è possibile distinguere due fasi principali nella storia assistenziale di Palermo: la prima (secoli XI-XII) in cui sono esaminate le istituzioni caritative connesse all'arrivo e al consolidamento del regno normanno nel Sud Italia (capitolo 1); la seconda fase (capitoli 2-4), invece, riguarda gli ultimi secoli del medioevo (XIII-XV), quando si ampliò e consolidò la rete ospedaliera, risultato di nuove dinamiche politiche e culturali, ma anche per effetto di drammatiche congiunture sociali (carestie, arrivo della peste nera, cicli epidemici, guerre, etc.), con i relativi cambiamenti che ne seguirono, anche a livello di sensibilità religiosa.
Inoltre, dal Duecento, con l'arrivo degli ordini mendicanti, che strategicamente si insediarono nel cuore dei centri urbani, l'iniziativa di fondare istituzioni caritative passò ai laici e quindi coinvolse strati sempre più ampi di popolazione. Per rispondere alle tante forme di povertà, malattia e solitudine, peraltro accentuate dalle epidemie, i cittadini si riunirono in confraternite caratterizzate da una vigorosa religiosità e capaci di inserirsi nel tessuto sociale ed economico con una precisa fisionomia di laicità.
Nei due capitoli centrali del volume, l'autrice esamina anche il ruolo della monarchia aragonese nello sviluppo di un solido sistema sanitario urbano. Se in un primo momento (secolo XIV) i sovrani aragonesi furono quasi del tutto assenti dall'isola e quindi delegarono alla Città e alle élite cittadine la gestione delle strutture ospedaliere locali, nel XV secolo, sulla scia di una riforma complessiva della rete ospedaliera, si rese necessario un profondo cambiamento. In questa riforma ospedaliera Alfonso il Magnanimo e il benedettino Giuliano Mayali furono determinanti. I tanti centri ospedalieri esistenti in città, caratterizzati da una conduzione familiare e spesso sorti per beneficenza privata, non erano più in grado di far fronte ad emergenze sanitarie e al diffondersi di nuove povertà.
Era necessario riformare il sistema sanitario e caritativo di Palermo, come del resto stavano facendo tante altre città dell'Europa mediterranea. Ma quale riforma e quale modello seguire? È in questo contesto che si inserisce una celebre fonte scritta, già pubblicata da Henri Bresc, ovvero i capitoli del 1431 presentati da quattro "notabili chitatini" all'Arcivescovo della città. Nei capitoli sono menzionati gli enti assistenziali di Barcellona, Napoli, Gaeta, Firenze, Siena e Rodi quali "famusi et caritativi hospitali", pertanto, da prendere a modello per la fondazione del nascente ospedale grande di Palermo. La scelta ricadde sull'esempio della ciutat comtal, vale a dire, provare a unificare in un unico ospedale - dedicato al Santo Spirito - il numero più alto di enti caritativi minori attivi in città. Si trattò senz'altro di una grande sfida, un progetto di riforma assistenziale che vide coinvolte istituzioni ecclesiastiche, forze cittadine e potere monarchico, i cui interessi, sebbene non sempre convergenti, non impedirono tuttavia di trovare una sinergia ai fini della nuova fondazione.
L'ospedale di Santo Spirito, ubicato vicino i centri del potere regio ed ecclesiastico (il Palazzo reale e la Cattedrale), fu fondato per offrire i principali servizi assistenziali ai tanti poveri e bisognosi che affollavano la città, ma anche per potenziare e migliorare le cure sanitarie e terapeutiche, prevedendo la presenza di medici e chirurghi, tenuti almeno due volte al giorno a visitare gli ammalati e a procurare le medicine necessarie.
Infine, attraverso un inventario del 1490, l'autrice ricostruisce minuziosamente gli spazi dell'Ospedale Nuovo (l'ex Palazzo Sclafani), accompagnandoci nei vari ambienti: dalla cappella alla dispensa, dalle cucine al refettorio, dalle sale piccole alla camera grande, fino alla casa per il bucato, ai magazzini e i ripostigli. Attraverso l'uso sapiente e incrociato di fonti - scritte, architettoniche e iconografiche (in particolare il celebre affresco del Trionfo della Morte) - e con un linguaggio sempre chiaro e accurato, l'autrice riesce a presentare al lettore un quadro nitido della Palermo del Quattrocento, con i suoi spazi assistenziali e l'umanità che li abitava e li frequentava.
Salvatore Marino