Lorenza Mochi Onori / Sebastian Schütze / Francesco Solinas (a cura di): I Barberini e la cultura europea del Seicento, Rom: De Luca Editore d'Arte 2007, 704 S., ISBN 978-88-8016-742-6, EUR 95,00
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Per i tipi di De Luca Editori d'Arte, in una veste di raffinata eleganza, sono stati pubblicati nel novembre del 2007 gli Atti del Convegno I Barberini e la cultura europea del Seicento (Roma, Palazzo Barberini, 7/11 dic. 2004). Con la realizzazione di questa prestigiosa impresa editoriale, curata da L. Mochi Onori, S. Schütze, F. Solinas, è stata portata a buon fine una dotta operazione culturale promossa e sostenuta da autorevolissime Istituzioni (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Biblioteca Hertziana - Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte, Soprintendenza per il Polo Museale Romano, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Roma, Queen's University - Kingston, Institut européen d'histoire de la République des Lettres) col proposito di offrire un materiale, tanto ampio quanto eterogeneo, idoneo a realizzare in futuro una mostra di assoluta rilevanza dedicata al mecenatismo innovativo dei Barberini. Fu questa la più importante famiglia del Seicento romano, detentrice e valorizzatrice di un sistema culturale che, inteso nella accezione più vasta e articolata, si identifica con il "barocco": concetto tutt'oggi valido per connotare un'intera epoca scandita dal pontificato di Urbano VIII (1623-1644) la cui evoluzione, guidata da una tenace strategia di affermazione del casato e perdurante con l'attività dei cardinali nipoti oltre i limiti del regno ventennale, incise in modo indelebile nella storia provvidenziale della Chiesa come in quella profana delle Lettere e delle Arti, irradiando sulla scena europea un linguaggio comune ricco di contraddizioni e ambiguità. Lo spessore rilevante del clima di apertura culturale determinò la fioritura della produzione artistica e l'elaborazione di un lessico variegato ma riconoscibile nella comune cifra di gusto: lo "stile Barberini"; esso divenne indispensabile strumento di potere religioso e politico della famiglia papale attraverso cui si rilanciava in Europa l'immagine della sacralità e della gloria di Roma, trionfante per essere sia capitale della Cristianità sia simbolo incontrastato della cultura classica, delle moderne arti visive e della sperimentazione scientifica. La raggiunta ideale fusione delle arti rinverdì agli occhi dei contemporanei l'immagine di un neorinascimento che, nella nuova "Reggia del Sole", il Palazzo Barberini alle Quattro Fontane, e nella sede della Cristianità, la Basilica di San Pietro, sfoggiava con Pietro da Cortona e Gian Lorenzo Bernini i gioielli del rinnovato linguaggio visivo carico di simboli allegorici, poetici e scientifici; un concettismo figurato con il quale la Chiesa romana post-tridentina risorgeva in una nuova età aurea per mezzo del pontefice, Maffaeus Davidicus nella visione di T. Campanella, novello principe cristiano investito da Dio della sua missione terrena (tema della Divina Provvidenza nel voltone di Palazzo Barberini). Se a tali e tante motivazioni aveva corrisposto negli ultimi tre decenni l'impegno di una schiera di studiosi di fama internazionale, ora gli esiti delle analisi critiche e delle indagini filologiche confluiscono in questo ambizioso volume di Atti che, da una parte, tende a fare il punto sistematico sulla ricerca scientifica già effettuata producendo una massa cospicua di approfondimenti aggiornati su una inedita documentazione archivistica, dall'altra, affronta tematiche non ancora trattate o da esplorare a fondo per le quali i materiali raccolti costituiscono la traccia-base per un profilo essenziale (attenzione particolare è portata sulle arti minori). Ampie note corredate da una scelta bibliografia accompagnano la sequenza dei sessanta saggi che ripercorrono in ordine cronologico la corposa messe di dati. Le coordinate sui temi centrali della politica barberiniana sono evidenziate in alcuni saggi chiave, intorno ai quali ruotano a corollario le analisi particolareggiate che spiegano con ricchezza di argomentazioni come nella poliedrica personalità del futuro pontefice (gli interessi per tutte le discipline testimoniati dai libri della sua biblioteca), nella raffinata preparazione umanistica (i temi delle sue poesie, chiave metodologica della misura classica e cristiana alla radice di tutte le arti), nell'esperienza politica acquisita come nunzio pontificio (in specie le legazioni in Francia quando, tramite i rapporti con la Repubblica delle Lettere, delle Scienze e delle Arti, strinse amicizia col gesuita Nicolas Fabri de Peiresc mediatore tra l'umanesimo cattolico e quello dei paesi protestanti), nell'apprezzamento del rilancio delle arti iniziato sotto Clemente VIII Aldobrandini e proseguito con Paolo Borghese (fenomeno che, favorendo l'insediamento a Roma di artisti italiani e stranieri, contribuì all'affermazione dei diversi generi pittorici e alla diffusione del mecenatismo), fosse radicato l'ambizioso progetto di Maffeo Barberini che, asceso al trono di Pietro col nome di Urbano VIII, percepì nella promozione del primato culturale di Roma la premessa indispensabile per affermare il primato spirituale e politico del papato. Alla stregua dei diplomatici, artisti (Turchi, Vouet, Poussin, Duquesnoy, Sacchi) ed intellettuali (Cassiano dal Pozzo, Olstenio, Allacci) furono investiti del ruolo di intermediari tra la Santa Sede e il mondo della cultura internazionale attivando favorevoli condizioni politiche, scambi di idee e di uomini abilitati a diffondere un modello di stile pontificio, prototipo di un affascinante fenomeno socio-culturale che ebbe una ricaduta sugli usi dello stile di vita (la moda, l'etichetta) e sulla formazione del gusto (il più evidente fu l'esplosione di nuovi metodi di un colto collezionismo che alle opere d'arte affiancava rarità antiquarie, oggetti esotici provenienti dalle Indie Orientali e dalle Americhe, raccolte curiose di reperti naturalistici alimentate dallo sperimentalismo scientifico dell'Accademia dei Lincei); modello emulato dagli Ordini religiosi, dai prelati eruditi e dagli aristocratici, a loro volta artefici di un mecenatismo parallelo. Basti pensare al ruolo preponderante giocato da episodi di committenza a favore di artisti italiani attivi alla corte parigina (emblematico è il caso di Romanelli nei rapporti con Mazzarino) per comprendere la formazione del "grand goût", il nuovo stile francese di Luigi XIV. Il ruolo dell'arte al servizio della diplomazia fu assolto nella politica estera più che dal cardinale Antonio Barberini dall'abilità del fratello, il cardinale Francesco, che usò la politica dei doni per la riconciliazione con Filippo IV di Spagna, agevolando sia i difficili negoziati di pace tra quella corona e la Francia, sia la soluzione di interessi personali (il dissequestro dei beni ecclesiastici nei domini spagnoli) con esiti vantaggiosi anche per il futuro della casata. Ed ancora l'arte fu delegata a riabilitare e rivendicare il primato della famiglia, dopo la fine dell'esilio in Francia, nella allegorica Vita di Urbano VIII figurata nella serie di arazzi di manifattura Barberini; prodotto di gusto, di lusso, di potere, alla pari della sontuosa mobilia, delle oreficerie, delle preziose rilegature di libri, delle raccolte di numismatica, che arredavano le sedi abitative, dalla "Casa grande" ai Giubbonari, ai palazzi del Quirinale, del Vaticano o alle Quattro Fontane, di cui si ricostruiscono le vicende architettoniche al tempo di Urbano VIII e la fortuna europea di quegli stessi modelli. Se all'interno delle complesse strutture gli appartamenti dei personaggi della corte papale erano dislocati in funzione della gerarchia delle cariche strumentali ad un governo efficiente ed autorevole, all'esterno la cura dei giardini dimostrava sia l'interesse per i nuovi metodi di classificazione di piante rare, sia il culto dei fiori, regno delle api, parallelamente celebrati nelle eleganti edizioni della Flora di G.B. Ferrari e dell'Apiarium linceo: omaggio allo stemma araldico della famiglia riproposto nelle piante di Sant'Ivo alla Sapienza di Borromini e, stilizzato, nel cosiddetto Triangolo Barberini, edificio presso Palestrina concepito, in ossequio a Galilei, come riflesso del nuovo sistema cosmico su base matematica. In definitiva, ogni evento che ebbe i Barberini per protagonisti a livello individuale o collettivo (comprese le pubbliche cerimonie e gli spettacoli, o la costruzione del granaio urbano o ancora la decorazione pittorica settecentesca di un gabinetto in Palazzo Barberini con la sfilata di ritratti dei membri più importanti del casato), fu strumentale all'autopromozione e all'autorappresentazione dell'immagine della famiglia. L'analisi di ciascun argomento tiene conto delle interrelazioni o concause che lo hanno originato e propone una lettura a vari livelli. Pertanto nell'approccio allo studio il lettore ha facoltà di seguire il criterio di successione temporale adottato dai curatori, o di prescegliere il filone tematico più congeniale ai propri interessi senza perdere di vista il concorrere delle varie vicende.
Antonella Pampalone