Jason Moralee: "For Salvation's Sake". Provincial Loyalty, Personal Religion, and Epigraphic Production in the Roman and Late Antique Near East (= Studies in Classics), London / New York: Routledge 2004, xviii + 244 S., ISBN 978-0-415-96778-5, GBP 45,00
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In questo volume Moralee svolge un'analisi sull'uso della formula epigrafica hyper sôtêrias / pro salute, formula indagata qui nella sua funzione di augurio per la salvezza dell'imperatore come in quella per la salvezza del dedicante, dei suoi familiari o dei suoi protettori. Moralee ha ritenuto opportuno limitare l'indagine al "Near East", regione qui circoscritta geograficamente ai moderni Stati di Siria, Libano, Giordania e Israele. L'arco cronologico si estende, con ampi silenzi della documentazione, dal I secolo avanti Cristo alla metà dell'VIII secolo dopo Cristo. Il materiale selezionato si aggira intorno alle 400 iscrizioni (4).
Il volume è suddiviso in 6 capitoli più una Conclusion: 1. Introduction (1-22); 2. The Salutary Ideology (23-38); 3. The Reception of the Salutary Ideology in the Near East (39-58); 4. The Demise and Transformation of the Salutary Ideology (59-68); 5. Pagan, Christian, and Jewish Dedications for Personal Salvation (69-93); 6. Localizing Provincial Loyalty and Personal Religion: Three Case Studies (95-113); Conclusion (115-120). Segue l'Appendix (121-181) nella quale sono citate e sunteggiate le iscrizioni in oggetto, ripartite in dediche per la salvezza dell'imperatore e dediche per la salvezza individuale. Ciascuna ripartizione è ulteriormente suddivisa per formula, per provenienza, per datazione. Seguono le note, la bibliografia e un indice.
Alla pagina 21 viene illustrato lo scopo della ricerca, l'analisi della formula hyper sôtêrias / pro salute è uno strumento per chiarire "the local use and significance of dedications for the salvation of the emperor and dedications for personal salvation, the transformation of the salutary ideology, and the persistence of the desire for salvation in the epigraphy of Late Antiquity". Come si può notare si tratta di temi di estremo interesse nella ricerca attuale, e anche la scelta di studiare materiali del Near East per approfondire una ricerca sulla 'salutary ideology' è assai interessante, anzi, proprio questa ideologia rappresenta la necessaria cornice interpretativa all'interno della quale comprendere i materiali.
Se con il nesso di "salutary ideology" intendiamo, infatti, quella concezione che vede come vitale per lo stato la salute del sovrano e che percepisce una dipendenza strutturale tra l'esistenza del sovrano e quella dei sudditi, è del tutto condivisibile notare in alcuni aspetti della religione e della cultura romana tale ideologia. Fra le espressioni più consapevoli di ciò mi limito a citare le acclamazioni del senato in onore di Pertinace dopo la morte di Commodo: Hist. Aug., Vita Commodi, 18,7 Ut salvi simus, Iuppiter Optime Maxime, serva nobis Pertinacem e soprattutto 18,14 Te salvo salvi et securi sumus.
Moralee ritiene che un particolare sostrato abbia reso gli abitanti della regione del Near East ben ricettivi di fronte a tale ideologia e a tali manifestazioni gradite alla cultura dell'Impero di cui entrarono a far parte e assai propensi ad utilizzare quel linguaggio (3-4) e quelle formule. Non intendo certo negare una tale possibilità, sono anzi consapevole dell'importanza del sostrato per l'affermarsi di una credenza o di un culto, mi limito a citare, per un ambito geografico e culturale diverso come l'Asia Minore, il caso della Frigia, il fenomeno delle stele di confessione, il culto del Dio santo e giusto [1]; mi pare, invece, che nella ricerca di Moralee questo, che pure costituisce un elemento che innerva tutta quanta l'indagine, sia sempre considerato come un dato certo e non sia mai dimostrato puntualmente.
Non bisogna però sottovalutare il pregio di un'indagine come questa. Ricerche condotte su formule quale quella in esame sono molto promettenti e solo la somma di studi condotti su realtà omogenee geograficamente e culturalmente può essere in grado di gettare luce su aspetti ancora poco noti della mentalità religiosa e dell'identità sociale degli abitanti dell'impero. Anche la scelta di estrapolare tre situazioni esemplari, ovvero Heliopolis (Baalbek), Dura Europos [2] e Gerasa, casi dai quali rilevare affinità e differenze, continuità e discontinuità è assai apprezzabile per l'approfondimento dei temi e per i risultati che emergono (107): "Local pride was therefore necessarily coupled with national patriotism and an acknowledgement of the distant, living emperor's power to maintain the security of the world in which the Gerasene elite thrived."
In questo caso, proprio per l'importanza dell'assunto alla base, sarebbe stato opportuno mostrare che le dediche hyper sôtêrias / pro salute detenevano un picco di frequenza nella regione prescelta rispetto ai dati disponibili per altre regioni in un arco cronologico analogo. In altre parole, senza estendere troppo l'analisi, sarebbe stato utile indicare che le dediche provenienti dalla regione del Near East possedevano una densità significativa rispetto ad altre regioni e che l'affermazione sulla "density of dedications for salvation's sake in the Near East" avesse recato dati a supporto maggiori dei brevi e assai interessanti cenni di M. (4; 112-113 e 118). Le considerazioni su "Names: Roman, Greek, and Semitic" (42-43) forse meritavano osservazioni ulteriori e l'esplicitazioni di tutta la documentazione onomastica della tabella 11, documentazione sempre assai proficua e qui in numero tale, 143 nomi, da essere facilmente inserita.
Nel corso di tutta la ricerca si presta giustamente attenzione alla presenza di militari e funzionari, vuoi in quanto vettori della 'salutary ideology', vuoi come dedicanti o oggetto delle dediche: il loro contributo e la loro influenza nella vita urbana rappresentavano sicuramente un fattore determinante per l'identità sociale (su tale concetto vd. 76) delle comunità e un elemento stabile di diffusione del lealismo nei confronti dell'impero. A questo proposito un piccolo rilievo: il decurione noto da un'epigrafe di Dura si chiamava Pac [- - - ] Nigrinus, non Nigrenius Tromentina (51 e 107), Tromentina è il nome della tribù.
Alcune notazioni di carattere editoriale: di solito si ritiene utile porre i lettori nelle migliori condizioni per apprezzare un'opera, ancora una volta invece si deve lamentare la presenza di note alla fine del volume e non in fondo alla pagina. Nell'Indice non sono compresi i dedicanti delle iscrizioni; l'assenza di carte geografiche non mi pare poi sostituita dall'invito (183, nota 5) "Those interested in locating the places mentioned in the following pages will want to consult The Barrington Atlas of the Greek and Roman World, ed. R.J.A. Talbert (Princeton, 2000)."
Note:
[1] L. Robert: Épitaphes d'Euméneia de Phrygie, in: Hellenica XI-XII (1960), 414-439; G. Petzl: Die Beichtinschriften Westkleinasiens (= Epigraphica Anatolica; 22), Bonn 1994; id: Zum religiösen Leben im westlichen Kleinasien: Einflüsse und Wechselwirkungen, in: E. Schwertheim / E. Winter (a cura di): Religion und Region. Götter und Kulte aus dem östlichen Mittelmeerraum, Bonn 2003, 93-102; M. Ricl: Hosios kai dikaios, in: Epigraphica Anatolica 18 (1991), 1-70; 19 (1992), 71-103.
[2] Sulla quale vd. ora L. Cracco Ruggini: A proposito di Dura Europos: l'acculturazione ebraica nel tardo ellenismo, in: Mediterraneo Antico 6.2 (2003), 661-682.
Domitilla Campanile